Spunti
fantastici
Lungo
misteriosi sentieri di boschi secolari della Carnia può accadere
di tutto; anche di incontrare, tra radici arrugginite dall'inverno e
pallidi fiori della stagione nuova, qualche folletto impertinente (sbilf),
che si diverte con irriverenza a molestare il sonno di una strega (strie)
arcigna e brontolona. Il visitatore non si spaventi, in una natura incontaminata
può accadere anche questo, calibri il suo passo, aguzzi lo sguardo
e tenda l'orecchio per ascoltare le storie, intrecciate ad antiche leggende,
che il vento del nord da millenni racconta.
L'OMENUT
DI CIANAL
E'
un personaggio non ben definito, ma abbastanza noto nelle leggenda popolare
carnica. Abita in una fascia molto estesa che va dalla Valle d'Incaroio
alla Val Pesarina. Non è nocivo, come tutti gli elfi è
un po' dispettoso ma soprattutto, è un bravissimo suonatore.
Si narra di un "omenut" con tanto di tuba verde e frac rosso
che suonava, in certe sere, il violino a Prato Carnico. La sua musica
era stregata e tutti coloro che la udivano, umani e non, erano costretti
a ballare. Nessuno riusciva a smettere fintanto che l'"omenut"
suonava. Ormai questo non avviene da parecchio tempo, forse l'"omenut"
non si diverte più, oppure, nauseato dal fracasso della nostra
civiltà, si è ritirato in luoghi più tranquilli.
LAUC,
TRAVE, DAVAI
Un
giorno, tanto tempo fa, il Signore e San Pietro vennero a predicare
dalle nostre parti. Mentre salivano verso i villaggi di Lauco, Trava
e Avaglio a San Pietro scivolarono di mano le tavole dei dieci Comandamenti
e, cadendo, la pietra si scheggiò. Mentre il Signore predicava,
San Pietro espose le tavole al pubblico. Scesero poi verso Ovaro e qui
San Pietro si accorse che dalle tavole della legge mancava un pezzo.
Infatti al settimo comandamento mancava il "non" e quindi
la legge imponeva: settimo
.rubare
gli abitanti dell'altipiano
obbedirono. Ma poi ci volle molto tempo per convincerli che non interpretavano
correttamente il Divino Codice. Tanto tempo, che la tradizione popolare
sentenziò: "Lauc,Trave e Davai un galantom non si ciata
mai".
PRAT
Dl STAIPA
L'etimologia popolare del nome "Prat di Staipa" deriva da
"prato della steppa"
a ricordo di un fatto avvenuto tanti anni fa. Una strega russa, dopo
esuberanti festeggiamenti sul Monte Tenchia, si svegliò nel mezzo
di un prato, in un pianoro sopra Cleulis. Arrabbiatissima per non
poter rientrare in Russia (ormai era giorno fatto) rese sterile quel
Pianoro che divenne appunto, "Prato della Steppa" e, per corruzione,
"della Staipa" per i valligiani. Fin qui la leggenda. Ora
poiché in
Carnia i prati di Staipa abbondano (in VaI Pesarina, sotto il Monte
Forchia ad Ovaro, sopra Forni Avoltri ed altri ancora) sorge legittima
la domanda: derivano tutti da streghe russe ivi svegliatesi? In tal
caso
bisogna dedurre che la partecipazione delle streghe russe alle feste
sul
Tenchia (il giovedì) sia piuttosto numerosa e sfrenata.
L'
ORCUL
L'orco
presente in tutti i miti e le località del Friuli è notissimo
anche in Carnia. Si tratta di un essere sempliciotto, molto ingenuo
e bonaccione, alquanto lontano dal classico orco antropofago. E'
un personaggio normalmente piccolo che ingrandisce enormemente divertendosi
a spaventare la gente e scappando poi con risate fragorose.
LA
MEDASSA DI LIUSSUL
L'Orcul
(o Strie?) "la Medassa", è un enorme ammasso di lardo
e di adipe in
sembianze umane, amava stare a gambe divaricate sopra il Riù
di Pit, posando
i piedi sul tetto dei due mulini - quello di Zuanàt e quello
di Croniche - esistenti ancora pochi anni fa. Con la sua imponete mole
la Medassa incuteva un timore riverenziale a coloro che osavano transitare
nelle notti illuni o piovose, lungo la stradina
che unisce Murzalis al capoluogo Ligosullo. Stradina che scavalcava
il torrentello poco lontano dai due mulini. I due mugnai,
normalmente concorrenti - ma compari all'occasione - approfittarono
delle notti illuni o piovose per lavorare indisturbati anche la notte...
Ci pensava la Medassa a tener lontano non solo i curiosi, ma soprattutto
gli spioni e i gendarmi della tassa sul macinato.
IL
DANNATO MOSCARDO
Narra
la leggenda che sul monte Pramosio, in Carnia, per la quantità
di detriti che spesso si scaricano a valle, lavori col martello un certo
Silverio di Paluzza, dannato per l'eternità per aver acquistato
con lo spergiuro la proprietà del monte ove risiede. Con lui
sono dannati, per sette generazioni, anche i suoi discendenti. Silverio
si era guadagnato la montagna mettendo nelle scarpe la terra tolta dalle
sue proprietà, giurando quindi sul terreno d'altri che calpestava
il suo. La leggenda è riportata da numerosi scrittori e storici
locali, anche il Carducci ricorda questo mitico personaggio nella poesia
"In Carnia".
SU
A OVARO
Un
carrettiere scendeva da Liaris verso Ovaro per recarsi al mercato. Legato
dietro al carro vi era un bell'asino alto e robusto dalla razza di Martina
Franca per intenderci. Due ladri decisero di rubarlo e così,
mentre uno intratteneva il carradore, l'altro (travestito da frate)
slegò l'asino e si passò il cappio legandosi in sua vece.
Arrivato a destinazione il carradore scende dal carro e, girandosi,
con somma meraviglia nota lo scambio. Il frate a testa bassa gli narra
che per scontare certi peccati era stato trasformato in asino e, biascicando
parole latine, si dileguò lentamente
tra la folla. Poco dopo, girovagando per il mercato di San Martino,
il
carradore vede il suo asino in vendita. Si avvicinò e, mentre
lo slegava
gli mormorò all'orecchio: "Avete peccato di nuovo padre!"